(Teleborsa) - Dopo una breve tregua, il tasso di inflazione torna a crescere ad aprile: secondo le stime preliminari si attesta all'8,3%, con un aumento del +0,5% su base mensile. A spingere al rialzo il tasso di inflazione sono soprattutto i prezzi dei beni energetici non regolamentati. Dati, quelli pubblicati oggi dall'Istat, che mettono in allarme le associazioni dei consumatori. "Con l'inflazione a questi livelli le ricadute per le famiglie sono estremamente onerose: secondo le stime dell'Osservatorio Nazionale Federconsumatori pari a 2.473,40 euro annui a famiglia". Sulla stessa linea il Codacons: "l'inflazione all'8,3% equivale ad una maggiore spesa pari a +2.428 euro annui per la famiglia tipo che sale a +3.144 euro per un nucleo con due figli, stangata causata dalla crescita ancora a ritmi sostenuti di voci come gli alimentari e il carrello della spesa, comparti che segnano rispettivamente +12,6% e +12,1% su base annua". Preoccupazione è stata espressa anche da Assoutenti. "I numeri Istat dimostrano che in tema di prezzi e inflazione è ancora presto per cantare vittoria – spiega il presidente di Assoutenti Furio Truzzi –. Le dinamiche dei listini mostrano ancora incrementi pesanti per beni primari come gli alimentari, che ad aprile salgono del +12,6%: tradotto in soldoni, significa che una famiglia con due figli si ritrova a spendere +969 euro annui solo per il cibo. Temiamo che sull'andamento dei listini al dettaglio si stiano registrando speculazioni e anomalie, con alcuni beni che su base annua vedono incrementi a due cifre anche in assenza di rialzi delle materie prime, e senza alcuna ripercussione causata dalla guerra in Ucraina o dall'andamento delle bollette".
"Non dimentichiamo che tali aumenti non hanno un impatto uguale per tutti: pesano in misura maggiore per le famiglie meno abbienti. Un dato che – sottolinea Federconsumatori – non fa altro che aumentare le disuguaglianze, le ingiustizie e le difficoltà nel nostro Paese: in tal senso è urgente che il Governo affronti questa vera e propria emergenza, attraverso la definizione di politiche di contrasto alle disuguaglianze e di sostegno alle famiglie, soprattutto quelle con minore capacità di spesa. Queste ultime, infatti, sono ancora costrette a mettere in atto rinunce e sacrifici: secondo le rilevazioni dell'O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori i cittadini continuano a ridurre i consumi di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); a ricercare sempre più assiduamente offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 48% dei cittadini); ad effettuare acquisti presso i discount (+11,6%)".
"Siamo preoccupati dell'effetto dell'inflazione sull'andamento delle vendite, soprattutto di beni di largo consumo e ortofrutta. Le nostre imprese rimangono sotto pressione perché compresse tra l'aumento dei costi all'acquisto e le difficoltà derivanti dall'attuale livello dei prezzi al consumo. L'attuale debolezza dei volumi di consumo, che stagnano intorno al -5%, è un fattore di rischio per l'intero sistema agroalimentare italiano, rappresentato da numerose filiere di eccellenza, così come per le nostre imprese – ha commentato Carlo Alberto Buttarelli, presidente di Federdistribuzione –. Nel corso dell'ultimo anno le aziende del settore distributivo hanno messo in campo uno sforzo notevole per gradualizzare gli aumenti e per tutelare il potere di acquisto delle famiglie, sacrificando significativamente la propria redditività. Oggi questo sforzo non è ripetibile e le imprese sono sempre più impegnate a trovare soluzioni nell'offerta che rispondano alla necessità di coniugare convenienza e qualità a vantaggio dei clienti. È però evidente che occorre intervenire in una logica di sostegno ai consumi che passa necessariamente dal ristabilire un clima di fiducia e da un maggiore potere di acquisto delle famiglie".
"La ripresa dell'inflazione registrata nel mese di aprile, – rileva l'Ufficio Studi di Confcommercio – pur consolidando i timori di un percorso di rientro non privo di ostacoli e non immediato, non va letta con eccessivo allarme. Il dato italiano si inserisce, inoltre, in un contesto europeo in cui il rallentamento delle dinamiche inflazionistiche, seppure avviato, mostra analoghi elementi di difficoltà, con temporanee interruzioni e andamenti non omogenei tra paesi. Il permanere di tensioni sul versante energetico, soprattutto per quanto attiene alla componente non regolamentata, non deve far trascurare alcuni segnali che portano a guardare con fiducia alla possibilità di tornare, verso la fine dell'anno, su dinamiche dei prezzi al consumo meno espansive. Il cosiddetto carrello della spesa comincia a evidenziare tassi di variazione meno sostenuti, in linea con quanto rilevato per l'alimentare. Allo stesso tempo, l'inflazione di fondo segnala ad aprile una stabilizzazione della variazione tendenziale, dato che potrebbe sottintendere come, al di là di episodici aumenti, le tensioni interne al sistema si stanno lentamente raffreddando. È comunque evidente come il prolungamento nel tempo di dinamiche inflazionistiche elevate rappresenta un elemento d'incertezza per le possibilità di consolidare i segnali di recupero dell'economia emersi nel primo trimestre del 2023".
"Non è ancora tempo per dichiararsi fuori pericolo: il dato odierno dell'Istat, anticipatore dell'inflazione di aprile, evidenzia infatti che l'indice registra un aumento rispetto ad aprile dello scorso anno (8,3%) e superiore a quanto registrato a marzo (7,6%) ed il principale fattore alla base dell'incremento è, ancora una volta, l'aumento dei prezzi dei beni energetici non regolamentati – commenta l'Ufficio economico Confesercenti –. Non si deve, dunque, abbassare la guardia: l'inflazione per ora acquisita è pari al 5,4% mentre quella di fondo, al netto dei soli energetici, resta ferma al 6,4%. Livelli ancora preoccupanti, che prefigurano una nuova rilevante erosione del potere d'acquisto delle famiglie, che già hanno registrato 12 miliardi in meno lo scorso anno ed hanno portato a livelli mai visti (5%) la propensione al risparmio. L'inflazione energetica – sottolinea Confesercenti – ha pesato e continua ad incidere sul potere d'acquisto delle famiglie e dunque sulla crescita dei consumi. In questo senso, il taglio del cuneo fiscale del Governo contenuto nel decreto lavoro è un intervento certamente positivo, volto a sostenere il potere d'acquisto delle famiglie e la nostra economia in una fase delicata. L'impatto positivo, però, rischia di essere fortemente ridotto da un ritorno all'aumento delle tariffe energetiche. Per questo, riteniamo opportuna e necessaria anche una misura di detassazione dei futuri aumenti contrattuali riferiti ai CCNL comparativamente più rappresentativi, per sostenere con più vigore i consumi e quindi, l'occupazione e la crescita del Paese: si genererebbero 2,9 miliardi di consumi aggiuntivi".
"In controtendenza i prezzi degli alimentari rallentano la loro crescita che è pari in media al +12,3% ma scende al +7,9% per i vegetali freschi – evidenzia Coldiretti –. A pesare è la stagnazione dei consumi con il taglio delle quantità acquistate nel carrello che si riflette sull'intera filiera dove si registrano situazioni di difficoltà nei campi dove i ricavi spesso non coprono i costi di produzione. I prezzi al dettaglio degli alimentari lavorati – sottolinea la Coldiretti – passano da +15,3% di marzo a +14,7% di aprile mentre quelli non lavorati da +9,1% a +8,4%. Per difendersi dagli aumenti 8 italiani su 10 (81%) hanno preso l'abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d'impulso, secondo l'analisi Coldiretti/Censis che evidenzia come siano cambiati anche i luoghi della spesa. Infatti il 72% degli italiani si reca e fa acquisti low cost nei discount, mentre l'83% punta su prodotti in offerta, in promozione. Le famiglie infatti vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti. Le difficoltà si estendono dalle tavole dei consumatori alle imprese per le quali si sono registrati nell'anno di guerra aumenti dei costi dal vetro alle etichette, dal cartone ai barattoli di banda stagnata, dai mangimi al gasolio, secondo l'analisi Coldiretti che evidenzia come nelle campagne a pesare sono anche le condizioni climatiche con siccità e maltempo che si abbattono sui raccolti".
In tale scenario le associazioni dei consumatori rivolgono un appello al governo. "Per salvare la spesa degli italiani e difendere la sovranità alimentare del Paese è necessario – afferma Coldiretti – aumentare i fondi destinati ai contratti di filiera per soddisfare gli investimenti proposti dalla pasta alla carne, dal latte all'olio, dalla frutta alla verdura nell'ambito del Pnrr". "?È necessario adottare misure tempestive per invertire questo andamento, avviando – evidenzia Federconsumatori – interventi mirati al sostegno dei redditi e del potere di acquisto delle famiglie. Il taglio del cuneo fiscale va in questa direzione, ma sarebbe necessario renderlo strutturale: limitare l'intervento a solo 5 mesi è insufficiente e rappresenta l'ennesima misura spot. Anche sul fronte dell'energia sarebbe necessario ripristinare la sterilizzazione degli oneri di sistema sulla bolletta elettrica, eliminata prematuramente. Le risorse necessarie per tali operazioni possono e devono essere reperite attraverso il potenziamento della lotta ai fenomeni speculativi, all'evasione e all'elusione fiscale, disponendo anche un aumento della tassazione su extraprofitti (non solo in campo energetico) e rendite finanziarie". "L'emergenza prezzi – rileva il presidente del Codacons Carlo Rienzi – non è affatto superata, e il Governo farebbe bene ad intervenire con misure concrete per calmierare i listini, a partire dal taglio dell'Iva su alimentari e generi di prima necessità". "Chiediamo al Governo di studiare, al pari di quanto fatto in tema di lavoro, – è l'appello di Assoutenti – un apposito decreto anti-inflazione, contenente misure specifiche volte a contrastare il caro-prezzi, dal rafforzamento del Garante dei prezzi e della commissione di allerta rapida sui prezzi all'inasprimento delle sanzioni contro gli speculatori, fino ad arrivare ad un azzeramento dell'Iva sui generi di prima necessità".
(Foto: © Bred2k8 / Dreamstime)
FAQs
Chi colpisce maggiormente l'inflazione? ›
Di solito, l'inflazione colpisce di più chi ha di meno perché le persone più povere consumano una quota maggiore del proprio reddito per acquistare beni di prima necessità (alimentari, energia e quindi trasporti) che sono spesso soggetti a rincari maggiori.
Cos'è l'inflazione di fondo? ›L'obiettivo è una misura dell'inflazione meno erratica (da qui il termine core inflation, ovvero inflazione di fondo), quindi più utile per guidare le azioni delle banche centrali, che hanno per compito (mandato) di mantenere la stabilità monetaria (➔).
Cosa fare in periodo di inflazione? ›Nel breve periodo uno dei modi migliori per combattere l'inflazione è distribuire i risparmi in investimenti a basso rischio, con un ritorno tra il 4% e il 6% annuo. Nel lungo periodo anche investire in azioni rappresenta un'opzione percorribile.
Perché con inflazione alta conviene indebitarsi? ›Con l'aumento dell'inflazione, infatti, cresce il Pil nominale e con esso il gettito fiscale. Il vantaggio in questo caso è maggiormente percepibile in quanto il debito sovente viene parametrato proprio al Pil nominale ed espresso in termini percentuali.
Perché l'inflazione fa bene? ›L'inflazione dà un aiuto alla riduzione del debito in rapporto al Pil aumentando la crescita del Pil nominale, almeno fino a quando i tassi di interesse nominali, che determinano la crescita del debito, rimangono inferiori al tasso di inflazione.
Quando l'inflazione è alta conviene investire? ›Lo è ancora meno quando l'inflazione galoppa, perché l'aumento dei prezzi fa calare il valore reale dei risparmi. Osservando lo scenario da questo punto di vista, l'elevata inflazione sarebbe un incentivo a investire, soprattutto nei beni ritenuti “rifugio”, come gli immobili.
Come proteggere soldi inflazione? ›- Beni rifugio. ...
- Conti deposito. ...
- Obbligazioni indicizzate. ...
- Diversificare gli investimenti. ...
- Sfruttare l'interesse composto.
Investire nei mercati finanziari
Oro, argento, petrolio, gas naturale e materie prime agricole. Con l'inflazione, il prezzo delle materie prime diventa più caro, quindi investire in esse può proteggervi dall'aumento dei prezzi.
Se ti stai chiedendo dove investire con inflazione alta la risposta è: investi in immobili, collezione di oggetti o terreni. Questi beni con l'inflazione tendono ad abbassarsi di valore, se hai a disposizione denaro da investire è il momento giusto per fare un buon affare.
Cosa succede al mercato immobiliare con inflazione? ›Cosa succede al mercato immobiliare con l'inflazione
L'inflazione può incidere negativamente sul mercato immobiliare, perché, in caso di costruzioni e successiva messa in vendita del bene immobile, l'aumento dei costi dei materiali da costruzione andrà a incidere sul prezzo finale sarà più alto.
Cosa succede se l'inflazione è troppo alta? ›
Un'inflazione troppo elevata potrebbe causare un surriscaldamento dell'economia e una perdita di potere d'acquisto per le famiglie.
Quando si fermerà l'inflazione? ›Ormai lo sappiamo: l'inflazione alta sta condizionando acquisti, budget familiare, prestiti. Ma quanto durerà? Come sottolinea un'analisi di Moneyfarm, “la morsa dell'inflazione sull'economia dovrebbe cominciare ad allentarsi nel corso del 2023, per poi assestarsi definitivamente nel 2024”.
Cosa succede se si alza inflazione? ›Con l'innalzamento dei prezzi, ogni unità monetaria potrà comprare meno beni e servizi. Conseguentemente, l'inflazione è anche (ceteris paribus, ossia considerando immutate tutte le altre condizioni, ivi compresi i redditi) un'erosione del potere d'acquisto dei consumatori.
Cosa sostiene Milton Friedman riguardo l'inflazione? ›Inflazione monetaria
Si sostiene spesso, seguendo la famosa proposizione di Milton Friedman, che l'inflazione sia tipicamente un fenomeno monetario: troppa moneta insegue una quantità troppo scarsa di beni. L'inflazione monetaria può spiegarsi intuitivamente con un semplice esempio, quello del gioco del Fantacalcio.
Secondo gli esperti, l'inflazione scenderà al 6,3% nel 2023. Nel corso dell'anno il tasso dovrebbe registrare una marcata riduzione, per poi collocarsi in media al 3,4% nel 2024 e al 2,3% nel 2025.
Perché l'inflazione riduce il debito? ›Per definizione, l'inflazione aiuta i debitori e penalizza i creditori e la Repubblica Italiana, con circa 2.300 miliardi di obbligazioni in circolazione, riceve dall'inflazione un sostanzioso contributo per rendere sostenibile il proprio debito.
Dove investire nel 2023? ›- Comprare azioni e titoli.
- Comprare criptovalute.
- Comprare Bitcoin (BTC)
- Comprare azioni Tesla (TSLA)
- Comprare azioni Amazon (AMZN)
- Comprare azioni Apple (AAPL)
- Comprare azioni Microsoft (MSFT)
- Comprare azioni Google (GOOGL)
- Buoni Fruttiferi Postali, Libretti di Risparmio e Conti Deposito. ...
- Obbligazioni (o bond) ...
- Azioni. ...
- Commodity. ...
- Forex. ...
- Fondi comuni di investimento. ...
- Immobili.
Importante è anche mantenere una buona riserva di contanti. In conclusione, per proteggere i propri risparmi è importante diversificare gli investimenti, informarsi sui prodotti finanziari scelti, verificare la solidità finanziaria delle banche e investire anche in beni rifugio.
Quali sono i beni rifugio per eccellenza? ›Oro. Più che un bene rifugio, l'oro è considerato il bène rifugio per eccellenza dalla fondazione della società umana. E' il più affidabile tra i metalli, essendo di natura altamente speculativa, ma ciò garantisce anche elevata sicurezza in periodi di crisi finanziaria.
Come proteggere i risparmi in caso di recessione? ›
Investire in un conto di risparmio e in beni rifugio, come investimenti in oro, è una scelta vincente durante una recessione. In genere, l'aumento dei tassi di interesse imposto durante una recessione consente di ottenere rendimenti più elevati del normale quando si depositano fondi in un conto di risparmio.
Perché l'inflazione danneggia i creditori? ›L'inflazione inattesa danneggia i creditori, poiché otterranno un rimborso di valore inferiore. È distruttiva per gli investimenti, perché disincentiva i fornitori di capitali (i creditori) dal prestare denaro.
Quando l'inflazione è positiva? ›In generale, un'inflazione positiva è un segnale di crescita, a meno che non superi il tasso di crescita del PIL. Per valutare questo aspetto si ricorre a uno strumento noto come deflatore del PIL che consente di convertire il PIL nominale in PIL Reale.
A cosa è dovuta l'inflazione in Italia? ›Il balzo dell'inflazione nel 2022 risente del lungo periodo di pandemia e ha delle cause oggettive: la rapida riapertura delle attività economiche post emergenza che ha fatto crescere la domanda più rapidamente dell'offerta. l'interruzione della catena di approvvigionamento (supply chain) industriale a livello globale.
Perché con inflazione si alzano i tassi? ›In uno scenario con un'inflazione in crescita, la Banca centrale di un Paese come reagisce? Alzando i tassi d'interesse, ossia aumenta il costo del denaro per scoraggiare l'accesso al credito; in questo modo comincia a circolare meno valuta e, inevitabilmente, l'inflazione tende a diminuire.
Dove investire in caso di inflazione? ›Investire nei mercati finanziari
Oro, argento, petrolio, gas naturale e materie prime agricole. Con l'inflazione, il prezzo delle materie prime diventa più caro, quindi investire in esse può proteggervi dall'aumento dei prezzi.
L'inflazione avvantaggia i debitori, e quindi principalmente le aziende e gli Stati, mentre penalizza i creditori, e quindi risparmiatori e lavoratori.
Quando finisce l'inflazione? ›Ormai lo sappiamo: l'inflazione alta sta condizionando acquisti, budget familiare, prestiti. Ma quanto durerà? Come sottolinea un'analisi di Moneyfarm, “la morsa dell'inflazione sull'economia dovrebbe cominciare ad allentarsi nel corso del 2023, per poi assestarsi definitivamente nel 2024”.
Cosa succede se l'inflazione cresce? ›L'inflazione è una crescita progressiva del livello generale dei prezzi nel tempo. Se i prezzi aumentano, la moneta perde valore: con 100 euro di ieri, oggi puoi comprare meno cose, e se il tuo stipendio non cresce alla stessa velocità dei prezzi, stai perdendo potere d'acquisto.
Perché i prezzi stanno aumentando? ›Le cause dell'aumento generalizzato dei prezzi sono dovute all'incremento del costo dell'energia e delle materie prime, esacerbate dalla guerra in Ucraina. I rincari di spesa riguardano tutti i settori produttivi, le bollette, il carburante e, soprattutto, il prezzo dei prodotti alimentari.
Quali sono i rischi dell'inflazione? ›
La corsa dell'inflazione spinge a un inasprimento della politica monetaria, ovvero a un aumento dei tassi di interesse, che a sua volta produce un rincaro del costo del credito. Ciò influisce negativamente sulla capacità di imprese e famiglie di accedere a forme di indebitamento.
Cosa succede dopo una forte inflazione? ›L'inflazione provoca una riduzione dell'offerta di risparmi: le famiglie, prevedendo degli aumenti dei prezzi futuri, preferiscono acquistare oggi anche beni dei quali avranno bisogno in seguito. In questo modo esse ridurranno la liquidità in loro possesso e soggetta a perdita di valore.
Quando inizieranno a scendere i mutui? ›Quando inizieranno a scendere i tassi dei mutui? Si prevede che i tassi d'interesse sui mutui si stabilizzeranno non prima del 2024, intorno al 3%, con un'inflazione ancora alta nei prossimi anni: 5,5% nel 2023 e 2,3% nel 2024.
Perché il rialzo dei tassi non serve per frenare l'inflazione? ›La crescita dei tassi può creare nuova inflazione facendo salire il costo del debito per privati ed imprese e quindi i prezzi delle merci, e recessione per il calo della domanda.
Chi beneficia del rialzo dei tassi? ›L'aumento dei tassi di interesse quindi rende più remunerativi e più convenienti gli investimenti in obbligazioni, che siano statali ma anche corporate, ovvero emesse da aziende o società private.